La Turchia ha chiuso Booking.com

La notizia risale a questo mercoledì, 29 marzo: i giudici del tribunale commerciale di Istanbul hanno ordinato la sospensione delle attività di Booking.com in Turchia. Il motivo? “Prevenire la concorrenza sleale”.

La decisione arriva in seguito alla denuncia presentata dalla Turkish Association of Travel Agents (TÜRSAB). Lo stop arriva dopo la sanzione comminata dall’autorità turca per la concorrenza il 5 gennaio di quest’anno – 2 milioni e mezzo di lire turche, ossia 650 mila euro circa. Anche questa multa, come il più recente provvedimento di sospensione dell’attività, era giunta in seguito a una denuncia dell’associazione degli agenti di viaggio turchi.

Cosa prevede la sospensione

Il tribunale commerciale di Istanbul ha emesso un’ingiunzione per impedire a Booking di vendere soggiorni ai consumatori turchi in Turchia. In ogni caso, gli hotel turchi restano disponibili su Booking.com per i viaggiatori di ogni altro Paese. Inoltre, i consumatori turchi posso prenotare i loro soggiorni in qualunque altro Paese del mondo – eccetto la Turchia, per l’appunto.

La reazione di Booking

Ieri, i vertici dell’azienda, controllata dal gruppo americano Priceline, hanno fatto sapere che sono in disaccordo con la scelta della corte turca e che presenteranno appello contro la decisione.

In qualità di compagnia impegnata nel mercato della tecnologia e della vendita online, siamo fermamente convinti che stiamo contribuendo a una sana concorrenza nel mercato, offrendo ai consumatori turchi una piattaforma trasparente e conveniente per confrontare e prenotare soggiorni in tutto il mondo.

Contribuiamo a migliorare gli affari a più di 13 mila imprenditori turchi attivi nel mercato dell’ospitalità turistica con strutture ricettive di ogni tipo e in tutto il Paese; questi imprenditori collaborano con noi e scelgono di essere presenti con le loro proprietà nella nostra piattaforma.

Quali saranno gli sviluppi?

È bene precisare che la decisione dei giudici di Istanbul è una misura precauzionale, in attesa della delibera definitiva sul caso.

Già nel 2015, dopo l’apertura di più dossier sulla parity rate da parte delle autorità per la concorrenza di Italia, Francia e Svezia, Booking.com era scesa a patti.

I prossimi mesi ci diranno se anche sul fronte turco assisteremo allo stesso epilogo.

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