Il vero significato di revenue management? Profitto! – Intervista a Enzo Aita

Spinto dalla passione per il revenue management, Enzo Aita ha redatto il Revenuebolario, una guida pratica per i professionisti del settore, e ha fondato il gruppo WHR Web Hotel Revenue su LinkedIn (quasi 5 mila membri).
Specializzato in revenue, sales e marketing management, oggi è Global Head of Marketing per RateGain, software per la gestione intelligente del fatturato con oltre 12 mila clienti in tutto il mondo.

Con chi altri potevamo parlare a ruota libera di revenue?

Cosa vuol dire, per te, fare (bene) revenue?

Profitto! Revenue, ormai, è uno dei termini più inflazionati, nel mondo alberghiero, degli ultimi anni.

C’è chi lo definisce “una strategia volta al raggiungimento degli obiettivi”, oppure “vendere la camera giusta al cliente giusto al momento giusto”; altri parlano di “ottimizzazione delle performance eccetera eccetera”.

Al contrario, io preferisco andare sul concreto. Per me, fare revenue vuol dire gestire un’azienda e portarla al successo. Detta in altro modo: essere capaci di produrre profitto, grazie al quale sarà possibile sostenere la crescita dell’impresa, investire in modo costante per renderla competitiva e – perché no? – andare in vacanza quattro volte l’anno.
Qual è l’indicatore che guardi per primo per valutare la buona riuscita di una strategia di revenue?

Dipende dal motivo che ti spinge all’analisi e dal momento. Potrei affermare, secondo la mia esperienza, che, nella giornata tipo di un revenue manager, uno degli indicatori che osservi per primo è il pick-up. Il pick-up non è altro che un numero che illustra la differenza fra un dato analizzato in un certo momento e lo stesso dato riesaminato a distanza di tempo. In pratica, è una variabile che risponde a questa domanda: quante camere ho venduto per la data “x” in più/meno rispetto al dato osservato, in precedenza, per la stessa data (il giorno prima o la settimana prima, per esempio)?

Questo indicatore ti informa sulla pressione della domanda ed è la prima informazione utile che devi esaminare per definire l’offerta e il prezzo di vendita.

Esempi di pick-up possono essere: il numero di prenotazioni ricevute negli ultimi sette giorni, il delta (differenziale) di fatturato dello stesso mese paragonato con quello del medesimo periodo dell’anno precedente e così via.

Insomma, per farla breve: non è altro che l’indicatore che ti dice se hai impostato bene, o male, le tue tariffe.

Quali sono gli strumenti che non devono mai mancare nella cassetta degli attrezzi di un albergatore che vuole fare revenue management?

Parto dal PMS – e non solo perché 5stelle* mi sta simpatico. Ritengo che il PMS sia il core business di ogni azienda. Il PMS è lo strumento indispensabile che raccoglie e traccia qualunque informazione rilevante ai fini strategici. I dati in suo possesso, le informazioni che elabora, sono la base per costruire qualunque strategia di revenue management. Senza un PMS, e senza dati, è come navigare al buio. Lavorare e decidere d’istinto, a sentimento, non è il modo giusto per arrivare al profitto e al successo, ossia al senso stesso di fare revenue.

I dati in tuo possesso sono “il Tuo Sapere”; la capacità di usarli a tuo vantaggio è “la Tua Forza”.

Airbnb ha aperto la vendita agli hotel. Se dovesse affermarsi quale nuovo canale di distribuzione, capace di fare concorrenza a Booking.com, cambierebbe qualcosa per chi fa revenue (e se sì, cosa)?

Tutto sommato, le regole e gli schemi non cambiano molto, se osserviamo il fenomeno dal solo lato analitico. Se prima dovevo portare la mia azienda verso il successo, con o senza Airbnb non credo che i miei obiettivi siano cambiati, giusto?

Senza dubbio, quel che impatterà in modo significativo è il modo in cui gli albergatori costruiranno la loro offerta. Questo cambiamento inciderà su due fronti:

1. la distribuzione. Hotel e appartamenti sono sulla stessa piattaforma, in competizione fra loro.

2. il prodotto. Il gap fra le tipologie di sistemazione – fra una camera e un appartamento, per esempio -, si ridurrà in modo inevitabile. Gli hotel dovranno sempre più offrire un servizio e un’esperienza che si avvicini ai comfort e agli spazi di un appartamento; dal canto loro, gli appartamenti dovranno garantire standard e assistenza sempre più in linea con l’offerta alberghiera.

Insomma, si tratta di due attori che si contendono gli stessi clienti. Chiunque voglia conquistare il mercato dovrà colmare le differenze fra questi due modi d’intendere il soggiorno.

Quel che ritengo rilevante, e protagonista in questo scenario, è la destinazione. Il numero di posti-letto cresce a dismisura, al punto da non essere in grado di soddisfare le casse di tutte le strutture ricettive. È proprio qui che entra in gioco la destinazione: se è in grado di costruire un prodotto valido e di agevolare la permanenza dei viaggiatori, sarà questa a far crescere il livello di domanda – e, spero, anche il profitto per tutti.

Le politiche di cancellazione possono aiutare a vendere più camere? Ha senso usarle in una strategia di revenue?

Le politiche di cancellazione non sono altro che una delle leve per ottimizzare le strategie di revenue management. Come ogni leva, quindi, devi usarle con la giusta logica e dopo un’analisi accurata dei dati a tua disposizione.

Credo che le politiche di cancellazione giochino un ruolo rilevante per strutture alberghiere leisure, quindi di vacanza – ancora di più se si tratta di strutture stagionali. Purtroppo, spesso, noto confusione nel modo in cui gli albergatori usano questi strumenti: quindi, càpita che il viaggiatore si senta confuso di fronte a politiche troppo complesse. Il mio suggerimento è: utilizzarle sì, purché il potenziale ospite possa capirle al volo. Quindi, poche politiche di cancellazione, semplici ed efficaci.

C’è chi sostiene che, oggi, la parola “disintermediare” rappresenti un concetto superato. Sei d’accordo?

Assolutamente no. Come ogni aspetto della vita che vede riflettere il suo opposto in ogni suo elemento, non esiste intermediazione se non c’è disintermediazione.

La domanda potrebbe essere forse questa: conviene oggi disintermediare? Oggi, credo che la disintermediazione sia uno dei principali obiettivi di un revenue manager: un professionista, per raggiungere il successo/profitto, è obbligato a trovare il giusto equilibrio, nella distribuzione delle camere disponibili, fra rivenditori (OTA, in primis) e canale diretto ufficiale (sito Web).

Nel 2018, il profitto è determinato non solo dalla capacità di vendere, ma, anzitutto, dalla capacità di vendere bene. Entra quindi in gioco, a questo punto, il costo della distribuzione. Puoi vendere un certo numero di camere in modi e su canali differenti; tuttavia, quel che fa la differenza è quanto queste vendite ti sono costate. Non funziona uguale per tutti: credo che l’unicità del prodotto offerto, e della sua collocazione, possano giocare un ruolo fondamentale per chi vuole intraprendere questo tipo di strategia. In altre parole: se sei un hotel standard, in una destinazione standard, non hai molte possibilità. Al contrario, l’unicità e l’appeal della destinazione giocano un ruolo fondamentale.

Molti albergatori ci chiedono se conviene investire budget in campagne sui metamotori. In una strategia di vendita online ragionata, i metamotori che ruolo hanno? Ha senso investirci tempo e denaro o i piccoli hotel (30 camere) dovrebbero rinunciarci?

La differenza non credo stia tanto nel “quante camere hai”, bensì nel “qual è il prezzo medio di vendita delle tue camere”. Se sei una struttura con ricavi medi importanti e, quindi, la differenza fra costi distributivi e prezzo di vendita offre margini sufficienti per investire in campagne a pagamento, allora devi presidiare i metasearch. Questo lo dico anche perché, che tu lo voglia o no, nei metamotori il tuo hotel è comunque presente, tramite le inserzioni delle OTA, per esempio. Il che vuol dire che, giocoforza, molti viaggiatori useranno i metasearch per prenotarti; quindi, tanto meglio se acquisteranno il soggiorno nel tuo booking engine, no?

Attenzione, però: c’è un altro aspetto da considerare, vale a dire la modalità con cui hai costruito i rapporti con i tuoi rivenditori. Come sappiamo, sui metamotori sono presenti anche i “canali satelliti”, che vendono le camere degli hotel senza neanche avere un contratto diretto con i fornitori. Questo fenomeno si verifica più spesso quando un hotel ha sottoscritto molti contratti con operatori di tipo wholesales; questi “grossisti” hanno tariffe FIT (For Individual Travellers); quindi, possono contare su alti margini commissionabili e, di conseguenza, possono permettersi di distribuire le camere dell’hotel nei metamotori attraverso partner terzi, con il risultato di creare ancora più concorrenza, anzitutto alla stessa struttura ricettiva.

Quindi, il mio suggerimento è: prima di investire nei metamotori, assicurati che i contratti firmati con i tuoi rivenditori wholesales non creino scenari come quello appena descritto.

Facciamo un gioco. Anno 2028. Quali pensi che saranno i giganti della distribuzione online? Per esempio: si dice che pure Amazon potrebbe entrare nel mercato

I giganti della distribuzione potrebbero essere:

1. le aziende a cui i consumatori affideranno sempre più il loro denaro, attraverso le transazioni quotidiane, e che non vivono solo nel mondo dei viaggi; quindi, colossi come Amazon, Apple o Google.

2. il primo che sarà stato in grado di evolvere, in modo serio e concreto, le sue tecnologie verso l’intelligenza artificiale. Gli schemi con cui fino a oggi il mondo è abituato a sviluppare le tecnologie cambierà totalmente: passerà da script e algoritmi a una tecnologia fluida, capace di adattarsi seguendo, in modo sempre più fedele, le logiche della mente umana.

Fammi pensare un po’: sarà Google a riuscirci per prima? Sì, credo che Big G sia ai vertici del comando: del resto, siamo tutti suoi ospiti :-)

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