Il tasso di occupazione è la vera cartina tornasole per conoscere lo stato di salute del tuo hotel? Se vuoi aumentare la profittabilità della tua struttura ricettiva, è bene conoscere la risposta a questa domanda.
Ogni albergatore sa che la parola “occupazione” indica la percentuale di camere disponibili vendute in un certo lasso di tempo.
Come si calcola il tasso di occupazione? Semplice. Basta dividere il numero di camere vendute per il numero di camere totali. Quindi:
Tasso di occupazione = camere vendute /camere totali
Il tasso di occupazione è una di quelle tre variabili che ogni revenue manager dovrebbe guardare per prime, insieme a RevPAR e ADR.
Eppure, nonostante questa popolarità, in merito al tasso di occupazione esistono almeno tre credenze errate. Il tasso di occupazione dovrebbe:
- essere l’obiettivo principale di ogni strategia di revenue;
- essere previsto all’interno del budget dell’hotel o nel rapporto previsionale;
- essere l’indicatore e l’innesco per gli aggiustamenti delle tariffe.
Vediamo perché si tratta di credenze sbagliate.
Cosa lega ADR, RevPAR e tasso di occupazione
Iniziamo con il dire che un ADR elevato non è un bel dato se il tuo hotel è quasi vuoto. Di contro, un tasso di occupazione alto (tanti ospiti) con tariffe medie basse di rado garantisce l’ottimizzazione degli incassi. Per questo, occorre considerare anche il RevPAR, vale a dire il prodotto fra ADR e tasso di occupazione.
Mentre il tasso di occupazione e tariffa media possono svelarti qualcosa a proposito delle prestazioni del tuo hotel, il RevPAR è il vero indicatore da tenere d’occhio per massimizzare le opportunità di incassi. In altre parole, migliorare il RevPAR dovrebbe essere il tuo vero obiettivo.
Certo, calcolare il RevPAR del tuo hotel è piuttosto semplice. Tutt’altro è riuscire a gestire questa variabile per ottenere i risultati sperati. Qui entra in gioco la “desiderabilità” di camere, ossia l’elasticità della domanda in funzione delle variazioni tariffarie. Detta in parole più facili, è probabile che un prezzo troppo alto incida sulla domanda di soggiorni.
Beninteso, questo accade in qualunque mercato, non solo in quello alberghiero. Se ci rifletti, però, il lavoro di un revenue manager è soprattutto questo: gestire tariffe e politiche di vendita in modo da evitare ogni variazione di domanda, così da poterla intercettare con la tariffa media più elevata possibile. In pratica, una buona strategia di revenue dovrebbe ottimizzare il complicato rapporto fra tasso di occupazione e tariffa media di vendita.
Strategia di prezzo, durata del soggiorno e tasso di occupazione
Il prezzo e la durata del soggiorno sono le due leve principali nelle mani dei revenue manager. Gestire bene la durata del soggiorno permette di raggiungere il giusto equilibrio fra queste due variabili. In questo modo, puoi avvicinare il tuo hotel al tanto agognato traguardo del 100% di occupazione – ma sarà veramente importante puntare all’occupazione piena? Lo vedremo fra poco.
È per questo motivo che hotel e revenue manager adottano una strategia di prezzi dinamica, in funzione della domanda prevista per una certa data. La parte più difficile? Le tariffe differiscono per canale di vendita e segmento di pubblico. Inoltre, lo storico dell’anno precedente è un indicatore debole, non sufficiente per prevedere con assoluta certezza cosa accadrà nel futuro prossimo – d’altra parte, chi può avere la sfera di cristallo?
Tutto questo, senza considerare una serie di altra fattori, in parte esterni, quindi imprevedibili e impossibili da gestire. Per esempio, le tariffe dei concorrenti, la stagionalità e il meteo, gli eventi speciali e il contesto macro-economico.
Da tutto questo, dovresti capire che chi fa revenue cammina a occhi chiusi su un filo teso e molto sottile.
L’occupazione ottimale
Il RevPAR è una variabile più importante rispetto al tasso di occupazione. Il motivo? La struttura dei costi di un hotel. Le spese fisse e variabili sono le due categorie principali di passività finanziaria per qualunque attività alberghiera. Questo vuol dire che i ricavi in un contesto di alta occupazione possono aiutare a coprire almeno una parte delle spese fisse.
Tuttavia, un alto tasso di occupazione contribuisce anche all’aumento delle spese variabili.
Le entrate ottenute in uno scenario caratterizzato da tariffe medie alte potrebbero non essere sufficienti per coprire le spese fisse – tariffe troppo alte potrebbero condurre a un’occupazione troppo bassa (hotel vuoto). Quindi, l’equilibrio ideale fra spese fisse e variabili si crea solo in uno scenario con un RevPAR alto.
La struttura dei costi di un’impresa varia da mercato a mercato e da hotel a hotel. Questo vuol dire che il tasso di occupazione ottimale può non essere sempre lo stesso; in ogni caso, non puoi mai essere del 100% (né prossimo a questo numero).
Tassi di occupazione bassi (50-60%) non consentono a chi gestisce un hotel di aumentare le tariffe medie. Questo accade perché, nella maggior parte dei casi, la direzione dell’hotel ha fissato come traguardo un tasso di occupazione minimo, da cui non si può derogare.
Questa corsa “cieca” verso il tasso di occupazione più alto possibile regala la possibilità ai clienti alto-spendenti (aziende, in primis) di negoziare le tariffe a loro vantaggio. In un panorama caratterizzato da un’ampia offerta di soggiorni e da prezzi competitivi, gli hotel sono costretti a cedere alle richieste di sconti di questi clienti, così da poter alimentare il tasso di occupazione.
Ottenere un ottimo RevPAR con la gestione dell’occupazione
Tempo fa, nel mercato alberghiero era diffusa una strategia di vendita che potremmo riassumere con l’espressione “chi prima arriva meglio alloggia”.
Altri albergatori, in tempi più recenti, hanno virato verso la strategia “Heads in Beds”, il che si traduce con la preoccupazione di riempire quante più camere possibili, senza considerare la durata del soggiorno, il giorno d’arrivo e altre variabili.
Ormai l’avrai intuito: strategie simili non assicurano un RevPAR ottimale.
Cogli l’opportunità
In occasione di periodi di alta domanda di camere, una leva che puoi usare per massimizzare le entrate è la durata minima del soggiorno. Per esempio, da giovedì a domenica, nei dintorni del tuo hotel potrebbe essere in programma un evento assai popolare. Potresti ricevere le prime richieste di prenotazione per questo periodo con ampio anticipo. A questo punto, ti conviene valutare quali ospiti accettare, vale a dire se solo quelli disposti a soggiornare per almeno tre notti o se anche quelli che ti chiedono una camera per una sola notte.
Cosa fare in casi simili? Studia il programma esatto dell’evento e, se possibile, analizza l’andamento della domanda per lo stesso periodo dell’anno precedente – se si tratta di un evento ricorrente, puoi farlo con facilità.
In ogni caso, la leva della durata del soggiorno è da maneggiare con cura: l’ultimo risultato da ottenere è allontanare la domanda fino al punto da ritrovarti con l’hotel vuoto nei giorni dell’evento.
In che modo puoi spostare a tuo vantaggio la leva della durata di soggiorno? Puoi agire su tre variabili:
- durata minima (minimum stay): questa restrizione ti permette di aumentare l’occupazione nei periodi di bassa domanda, se preceduti da un periodo di alta domanda. In questo modo, le richieste per soggiorni brevi dovrebbero “spostarsi” verso il periodo successivo, di minor domanda;
- durata massima (maximum stay): usa questa restrizione solo se ti aspetti di vendere le tue camere a tariffe più alte in un certo periodo. Agli ospiti che desidereranno soggiornare oltre il numero massimo di notti, potresti proporre la tariffa a prezzo pieno per il numero di notti in eccesso;
- chiusura all’arrivo (closed to arrival): questa restrizione serve per limitare gli arrivi nei periodi di massima occupazione. Utilizzala con cautela, solo se sei certo di ottenere il tasso di occupazione ottimale – molti revenue manager ne sconsigliano l’uso.
Leggi anche: Restrizioni sulle prenotazioni: pro e contro delle più usate.
Per concludere
Fissare il tasso di occupazione come l’obiettivo ultimo per il tuo hotel non è il modo migliore per ottimizzare entrate e profitti.
Detta in altro modo: un albergo sempre pieno potrebbe rivelarsi comunque un gioco a perdere.
Di contro, altri indicatori, come il RevPAR e l’ARPAR ti aiuteranno a capire molto meglio lo stato di salute della tua strategia di revenue e, quindi, del tuo hotel.
Liberamente tratto da The 100% Occupancy Dilemma for Hotels, what Hoteliers Need to Achieve?, di Ahmed Mahmoud.