Un nuovo studio, presentato al Revenue Strategy Summit mercoledì 29 luglio, ha indagato il comportamento dei viaggiatori americani alle prese con le prenotazioni online. Inutile dire che questa ricerca ne contraddice altre, anche recenti. Cosa sostiene l’indagine? Suggerisce che l’Effetto Billboard non esiste più. Puff, scomparso come d’incanto.
Sarà vero?
La ricerca ha coinvolto circa 50 mila viaggiatori. I dati si riferiscono al 2014. Ebbene, dopo aver messo in fila i numeri del caso, si è scoperto che chi visita il sito di un hotel tende poi a prenotare il proprio soggiorno su qualche portale – di solito, Booking.com, Expedia o TripAdvisor.
Questo comportamento non funziona al contrario. Chi inizia a cercare idee di soggiorno nei portali, o altri intermediari simili, tende a restarci, o a ritornarci, anche per prenotare – senza passare dai siti degli hotel.
Studi diversi, sponsor diversi… risultati diversi
Lo studio in questione è stato finanziato dall’American Hotel & Lodging Association’s Consumer Innovation Forum; molti dei suoi membri non amano troppo le alte commissioni sulle prenotazioni pagate alle OTA.
I dati della ricerca sono stati analizzati da P.K. Kannan, presidente del dipartimento di marketing alla Robert H. Smith School of Business dell’Università del Maryland.
I risultati sono stati presentati in una conferenza ospitata dallo sponsor Kalibri Labs, un software per revenue management realizzato da Duetto Research, e da Silver Hospitality Group, agenzia specializzata in eventi e marketing.
Il comportamento dei consumatori è cambiato?
I risultati di questo studio suggeriscono una trasformazione del comportamento dei consumatori. Questo cambiamento sarebbe iniziato dal 2009, anno in cui Chris Anderson, professore associato alla Cornell University, ha pubblicato la prima ricerca dedicata a Expedia e agli alberghi della catena JHM Hotels.
La ricerca di Anderson rivelò una correlazione sorprendente: la presenza degli hotel della catena nella prima pagina dei risultati di ricerca di Expedia coincideva con un aumento delle prenotazioni concluse nel sito Web di JHM Hotels. L’incremento delle prenotazioni dirette era compreso fra il 7,5 e il 26%. Ecco teorizzato l’Effetto Billboard.
Leggi anche: Le OTA? “Molto più che un canale di distribuzione”
Un altro studio di Anderson, realizzato nell’aprile 2011, confermò questo comportamento. Questa volta, l’indagine interessò 1.720 prenotazioni della catena InterContinental Hotel. Per ogni prenotazione proveniente da Expedia, esistevano, in media, fra le tre e le nove prenotazioni dirette – concluse in uno dei siti di InterContinental Hotel -, tutte influenzate dalla presenza degli hotel della catena nel portale di Expedia.
Questo secondo studio fu sbandierato da Expedia, e da altri portali, come la prova del cosiddetto Billboard Effect. In pratica, le OTA non funzionavano solo come portali di prenotazione, ma pure come veri e propri strumenti di marketing per gli hotel. Non solo vendite. Anche visibilità, insomma. Bastava essere nei portali per trarne un beneficio, a costi pressoché nulli.
Effetto Billboard, ciao ciao?
A differenza della ricerca della Cornell University, realizzata a partire dai dati di Expedia e di alcune catene alberghiere, lo studio presentato pochi giorni fa al Revenue Strategy Summit è nato dall’analisi dei dati di un’azienda specializzata in ricerche di mercato. Questi numeri sono stati analizzati con un modello di attribuzione.
Come la ricerca della Cornell University, tuttavia, anche questa indagine non contempla i dati generati dai dispositivi mobile.
Il professor Kannan ha declinato l’invito a condividere i dettagli dello studio prima della pubblicazione del report, prevista tra la fine del 2015 e i primi mesi del 2016.
Il metodo della ricerca
Lo studio ha indagato due anni, il 2012 e il 2014, in modo da capire come sia cambiato il comportamento dei consumatori. In particolare, l’analisi ha tracciato i percorsi online di ogni utente e ha calcolato la possibilità che ogni viaggiatore prenotasse in uno dei siti delle catene alberghiere o in uno dei portali di prenotazione.
Dopo aver indagato il comportamento dei consumatori, sono state create tre categorie:
- chi ha visitato solo i siti delle catene alberghiere;
- chi ha visitato solo i portali di prenotazione;
- chi ha visitato entrambi.
I risultati della ricerca
Questi sono i dati salienti emersi dall’analisi dei comportamenti online dei consumatori.
Fra il 2012 e il 2014 il numero di persone che ha visitato solo i siti delle catene alberghiere è sceso dal 12 al 10%. Al contrario, la quota di chi ha visitato solo i portali di prenotazione è cresciuta dal 48 al 60%. E chi ha visitato entrambi? In questo caso, la percentuale è diminuita dal 40 al 30.
L’indagine ha cercato di capire quanti viaggiatori abbiano prenotato con le catene alberghiere e quanti con i portali. Fra il 2012 e il 2014, il numero di chi ha prenotato con le catene di hotel è passato dal 7,9 al 10,8%. Quello dei portali è sceso dal 7,7 al 6%.
A dispetto delle apparenze, non ci sono buone nuove per gli albergatori. Il segmento di consumatori che visita entrambi i tipi di siti è sceso dal 40 al 30% dal 2012 al 2014. Le persone che nel 2012 erano disposte a visitare i siti delle catene alberghiere e i portali nel 2014 hanno cambiato bandiera in modo massiccio: molte hanno scelto le OTA.
Il comportamento dei consumatori nella fase di ricerca del soggiorno non offre tendenze migliori per gli albergatori. Quante visite sono arrivate nei portali e quante nei siti delle catene alberghiere? L’82% finisce nei portali – ai siti delle catene di hotel resta il 18%.
Ma qual è il comportamento dei viaggiatori fra due visite consecutive? Se un consumatore visita il sito di una catena alberghiera, poi, dove andrà? Tornerà nello stesso sito, per prenotare, o si recherà altrove?
Presto detto. Diverse persone tornano a visitare i siti delle catene. Questo segmento di pubblico è cresciuto dal 57,4% del 2012 al 62,9% del 2014.
Al contrario, la quota di consumatori che abbandona i siti delle catene alberghiere e che visita, più tardi, uno o più portali di prenotazione scende dal 42,6 al 37,1%.
Almeno a prima vista, sembra una buona notizia per gli albergatori. Tuttavia, il volume di visite ripetute ai portali è piuttosto alto (90%). Detta in altro modo, se atterri su un portale, esiste solo una possibilità su dieci che la tua prossima visita avrà a che fare con il sito di una catena alberghiera.
La ricerca ha indagato anche la relazione fra il percorso online seguito dai consumatori e la scelta d’acquisto. Così, si è scoperto che nel 2012 i viaggiatori che visitavano i siti delle catene alberghiere tendevano poi a prenotare nello stesso tipo di siti. Ma nel 2014 qualcosa è cambiato: chi visita il sito di una catena di hotel è più probabile che scelga di prenotare su un portale d’intermediazione.
Nel frattempo, le OTA hanno conservato intatta la loro popolarità. Nel 2012 chi visitava un portale di prenotazione tendeva anche a prenotarvi: era molto improbabile che scegliesse di acquistare il soggiorno in un sito delle catene alberghiere. Questa tendenza vale anche per il 2014. Le strategie di fidelizzazione dei portali nei confronti dei loro clienti funzionano ancora alla grande, insomma. Tutto questo, a discapito delle catene alberghiere. A differenza di quel che accadeva nel 2012, nel 2014 è assai più probabile che chi visita il sito di una catena decida poi di prenotare con Booking, Expedia o con qualunque altra OTA.
Per concludere
La morale della favola? I grandi portali rafforzano le loro posizioni di mercato: attirano sempre più viaggiatori e lasciano le briciole alle catene alberghiere – e pure agli hotel indipendenti. L’Effetto Billboard, fino a qualche anno fa benefico per la brand awareness degli hotel, e per le loro prenotazioni dirette, è ormai un bel ricordo.
Liberamente tratto da The Billboard Effect is dead, says a study of hotels listed on OTAs, di Sean O’Neill.