Oltre vent’anni di consulenza gli sono valsi il distintivo di #anzianodigitale. Dal 1995, Antonio Maresca lavora con hotel e imprese turistiche di tutta Italia per accompagnarli nel loro percorso su Internet. Per lui, “le grosse differenze passano dal fare bene le piccole cose”. Preferisce “il fare prima del dire” e “la virtualità diminuita alla realtà aumentata”.
Potevamo perdere l’occasione di fargli qualche domanda a proposito di quel che è stato, e di quel che sarà, il mercato turistico online? Ecco quel che gli abbiamo chiesto.
Hai lavorato, e lavori tutt’oggi, al fianco di molti albergatori. Oggi, quali sono i dubbi, i timori e le speranze più comuni di questa categoria? Noti differenze sostanziali rispetto a dieci anni fa?
Da oltre vent’anni, faccio “badanza” digitale per una categoria che, ahimè, ha sottovalutato l’impatto dell’intermediazione tecnologica. Rispetto a dieci anni fa, il mondo del turismo ricettivo online si è molto complicato, generando nuovi timori un una categoria che già navigava a vista.
Attenzione, però. Il mio non è un giudizio critico nei confronti dell’imprenditore ricettivo italiano: piuttosto, è solo una constatazione.
Purtroppo, la complessità degli ecosistemi digitali e distributivi ha determinato due scuole di pensiero per affrontare le sfide attuali. La prima è rivolta alla ricerca del guru, all’alchimista che risolva i problemi in tempi rapidi e, se possibile, a costi accessibili. La seconda parte dai fondamentali dell’ospitalità, dalla consapevolezza che l’ospite e le dinamiche di attenzione sono cambiate in modo radicale, dalla volontà di voler affrontare un percorso lungo e faticoso, ispirato a una visione di medio-lungo termine.
Il mercato della distribuzione alberghiera è sempre più competitivo. A tuo modo di vedere, nei prossimi anni, esisteranno ancora opportunità per ottenere prenotazioni dirette a costi sostenibili? Detta con altre parole: alle strutture ricettive, piccole e medie, converrà ancora investire in sito e campagne di Web marketing per tentare di competere con le OTA?
Certo, il mercato della distribuzione è molto complesso e, già nel breve periodo, lo sarà ancora di più. Il peso e l’aggressività commerciale delle OTA è solo uno degli aspetti da considerare.
Oggi, troviamo tanti attori che, a seconda della loro abilità nell’intercettare visibilità, contribuiscono a complicare la situazione del piccolo hotel indipendente. Mi riferisco alle “paraOTA” – vedi Airbnb -, alle “metaOTA” – i comparatori che consentono la prenotazione istantanea senza abbandonare le loro piattaforme -, agli “OTO” – gli Online Tour Operator e Grossisti -, che si sono infilati nel mondo della distribuzione online con approcci furbi e piuttosto opachi.
Per non preoccupare chi legge, ometto di approfondire che il panorama è in rapida evoluzione e l’irruzione di Google e Facebook, con la loro potenza tecnologica, costituirà un altro fattore dirompente. Investire sulle proprie risorse è l’unica possibilità che l’hotel indipendente ha per provare a ottimizzare i costi. L’alternativa è consegnarsi al nemico, alzare bandiera bianca, sapendo di avere un socio occulto che guadagna il 20% netto senza che si accolli gli oneri di gestione della struttura né, tantomeno, alcun rischio imprenditoriale diretto.
E TripAdvisor? Sembra non aver ancora trovato la via giusta per monetizzare la sua popolarità: sei d’accordo? Oggi, un albergatore può fare a meno di TripAdvisor?
TripAdvisor è stato tanto bravo quanto furbo nell’ingannare gli albergatori, facendo loro credere di essere una mera comunità di recensori. Per anni, e ancora oggi è così, l’albergatore ha delegato in bianco la creazione e la gestione della sua reputazione a questo portale. Questo pigro, e non lungimirante, atteggiamento lo ha consegnato, senza nessun potere contrattuale, all’ennesimo bazar commerciale che sfrutta la sua reputazione – fattore fondamentale per la buona vendita di un hotel – per vendere camere e per “spillargli” canoni e fees di vario genere.
Sappiamo che non basterebbe un libro di cento pagine per esaurire questo tema. Ma, a grandi linee, puoi spiegarci la tua idea di sito per hotel efficace? Cosa dovrebbe contenere e perché?
Sarò breve: non esiste il sito perfetto. Oggi, l’utente arriva sul sito di una struttura dopo aver già raccolto una buona quantità di informazioni. Quindi, il sito quasi perfetto è quello che toglie anziché aggiungere. Bisogna comunicare le informazioni prioritarie, quelle che interessano subito all’utente, in un contesto di navigazione usabile, semplice ed emozionale.
La complessità si batte con la semplicità; un sito complesso, non “essenziale”, è il primo passo per consegnarsi a una pesante intermediazione commerciale, a costi sempre più alti.
A chi sostiene che la SEO per hotel “è morta”, cosa rispondi?
La SEO ha cambiato pelle. Oggi, non si parla più di posizionamento ma di ottimizzazione dell’intera infrastruttura tecnica e contenutistica del sito, nell’ottica di una navigazione sempre più trasversale e personale. Dalla parola chiave all’intenzione di ricerca: questo è il passaggio fondamentale che ci ha portati alla SEO attuale, anche in àmbito turistico.
Nel comparto turistico complementare alla ricettività, per la SEO c’è futuro, a mio modo di vedere. Per il piccolo e medio albergatore, invece, la spesa necessaria per l’attività di posizionamento nei motori di ricerca non vale il ritorno sull’investimento.
Ancora molti hotel usano Facebook, e i social in genere, nel modo sbagliato. Puoi darci qualche dritta?
Purtroppo, molti ancora sottovalutano l’importanza della relazione. I social sono piattaforme relazionali, capaci di generare il presupposto fondamentale per la vendita: la fiducia. Devo dire che la deriva commerciale di questi contenitori, con l’uccisione delle dinamiche di visibilità organica – gratuita e spontanea, quindi -, ha determinato un ulteriore fattore di disillusione fra gli albergatori.
La dritta è quella di presidiare la piattaforma senza diventarne schiavi, con una gestione fisiologica e spontanea; occorre puntare a una comunicazione che rifletta l’identità aziendale e la filosofia di accoglienza, evitando di puntare al mero risultato commerciale.
Caso pratico. Un gestore di un hotel di venti camere, in una destinazione marittima – quindi stagionale – e non troppo nota, bussa alla tua porta: in dote, ha un budget di ventimila euro l’anno per le sue campagne di Web marketing. Ovviamente, l’obiettivo è ottenere quante più prenotazioni dirette possibili a costi sostenibili. Cosa gli proponi?
Di avere pazienza, di fare bene il proprio mestiere, di non dimenticare i fondamentali dell’accoglienza che gli ha insegnato suo nonno, di investire dieci dei ventimila euro in attività offline che diano un miglior servizio al cliente (prodotto di qualità, cura del dettaglio ecc.) e, solo dopo, chiedermi di investire nel digitale. Se ti manca la passione per fare bene il tuo lavoro, non c’è budget sufficiente per risollevare le sorti della tua azienda.
Chiudo, quindi, con una nota di speranza: se hai un albergo con venti camere in una destinazione con un buon appeal turistico, e lavori bene, bastano anche meno di ventimila euro all’anno :-)