L’accusa non è certo nuova. Cartelli, oligopolio, commissioni alte, condizioni capestro, abusi di vario tipo. Georges Panayotis, presidente di MKG Consulting, fra i gruppi leader in Europa per il settore dell’hospitality, fa le pulci a Booking. Che sia suonata la sveglia per gli albergatori?
In un recente messaggio inviato agli addetti ai lavori, Booking.com ha negato l’accusa di essere diventato un avido profittatore che trarrebbe vantaggio dagli albergatori più deboli con l’obiettivo di imporre le sue condizioni. Il portale rispedisce al mittente 11 critiche. In questo modo, però, Booking.com riconosce, seppur in modo parziale, le accuse mossegli da più parti e sorvola su altre questioni più delicate. D’altra parte, le polemiche contro i portali sono un ever green nel mondo dell’hospitality – della parity rate, per esempio, abbiamo già scritto più volte. A questo punto, crediamo sia utile provare a rispondere ad alcune domande inevase.
1. Più paghi, più ci sei
I clienti sono consapevoli che gli hotel compaiono nei risultati di ricerca di Booking.com secondo la percentuale di commissione riconosciuta dall’albergatore al portale?
Per l’utente la cosa non è chiara, a scapito della trasparenza e a tutto vantaggio del portale.
2. Il pretesto della privacy
L’albergatore può integrare il suo CRM (Customer Relationship Management) con i dati personali dei clienti inviati da Booking?
Non proprio, ammette Booking. Il pretesto? Proteggere il carattere confidenziale delle informazioni private. Ma qual è il confine fra discrezione e tutela del marchio?
3. Chi ci perde è solo l’hotel
L’hotel corre il rischio di perdere parte del suo valore?
Booking certo non ci rimette nulla, anche se la sua responsabilità è diretta. Perdendo la possibilità di costruire una relazione diretta con il cliente, l’hotel certamente indebolisce il valore della sua attività.
4. Controllo dell’inventario
L’hotel ha il controllo del suo inventario?
Sì, risponde Booking, tanto è vero che il portale non chiede all’albergatore un numero minimo di camere per la vendita. Tuttavia, Booking esercita pressioni sull’albergatore, soprattutto per avere accesso all’ultima camera disponibile. E se il portale non ottiene l’ultima camera, l’hotel vieneescluso dall’elenco delle proposte di Booking. Gli albergatori che dimenticano di diversificare i loro canali di vendita vivono esperienze dolorose.
5. Le parole chiave su Google
Il sito dell’hotel sarà visibile nei risultati dei motori di ricerca, specialmente in quelli non a pagamento?
La visibilità degli hotel nei risultati di ricerca di Google & C. è sempre meno. In sostanza, accade che i grandi portali acquistano visibilità nei motori di ricerca con AdWords e altre piattaforme PPC (Pay-Per-Click), soprattutto per le parole chiave più generiche. Con questa pratica costruiscono il loro business. Certo, è una strategia del tutto lecita. Tuttavia, è un po’ meno accettabile che anche il nome dell’hotel affiliato al portale finisca fra queste parole chiave. Il risultato? Sempre più spesso, prima del sito dell’hotel compare un annuncio a pagamento di Booking.com o di un altro portale.
6. Commissioni “gonfiate”
Il tasso di commissione è davvero ragionevole? Il tasso base è compreso fra il 15 e il 17%, a seconda che l’hotel desideri apparire fra i “Preferiti” o no. Si tratta di commissioni piuttosto importanti: basta pensare che fino a qualche anno fa si parlava dell’8-10%. Tieni a mente che con queste percentuali la visibilità di un hotel è bassa: per emergere dalla folla, l’albergatore deve accettare commissioni assai più alte o deve partecipare a vendite promozionali, con tassi che possono superare anche il 25%. Un hotel può davvero permettersi di cedere oltre un quarto del suo guadagno a un portale?
7. L’affiliazione che (non) conviene
All’hotel conviene diventare un semplice affiliato di Booking? La domanda si pone nel momento in cui l’hotel decide di ospitare nel suo sito Internet il motore di ricerca di Booking.com. Il portale riconosce all’albergatore il 3% per ogni prenotazione generata. Il rovescio della medaglia? Booking ha accesso a tutte le informazioni del cliente, di fatto già acquisito dall’hotel.
8. Il mercato nelle mani di pochi
Tutto questo è un abuso di posizione dominante? Certo, la competizione fra le OTA esiste ancora e giustifica la presenza di siti per il confronto delle tariffe. Ma se Kayak, il più grande dei comparatori, già appartiene alla casa-madre di Booking.com (Priceline), e Trivago è controllata da Expedia, significa che c’è qualcosa che non va.
I professionisti dell’hospitality reclamano più trasparenza ed equilibrio nelle regole del gioco. A dire il vero, la chiedono un po’ in ritardo, dopo aver atteso invano la soluzione magica a tutti i loro problemi di marketing. Il suono della sveglia spacca i timpani. Ma è pur sempre utile.
Traduzione liberamente tratta da Booking or not Booking di Georges Panayotis.