La notizia è arrivata alle orecchie degli albergatori in un baleno. Il 7 febbraio, Airbnb ha annunciato che, da marzo, sarà disponibile la connessione in tempo reale del suo portale con il channel manager di SiteMinder. In soldoni, Airbnb apre il suo sito anche agli hotel.
Almeno per ora, SiteMinder sarà il solo partner tecnologico di Airbnb. Questo vuol dire che, se il tuo hotel non usa il channel manager di SiteMinder, non potrai vendere le tue camere con una gestione real-time delle tariffe e delle disponibilità.
Quindi, Airbnb vuole fare la festa a Booking.com, Expedia e soci? A detta del suo CEO e co-fondatore, Brian Chesky, pare proprio di sì. In un’intervista pubblicata su Phocus Wire il 23 febbraio, Chesky ha dichiarato questo:
La nostra competizione è con due aziende – Expedia e Booking.com – e sono estremamente entusiasta di quel che i prossimi dieci anni avranno in serbo.
Certo, al CEO l’ambizione non fa difetto. L’obiettivo di Airbnb è di arrivare a un miliardo di ospiti l’anno entro il 2028. Da che l’azienda è stata fondata, nel 2008, i check-in in strutture Airbnb sono stati oltre 300 milioni. Ad oggi, il portale di San Francisco offre ai suoi utenti 4,5 milioni di alloggi in 81 mila città del mondo. Negli ultimi dieci anni, gli host di Airbnb hanno incassato prenotazioni per un valore complessivo di oltre 41 miliardi di dollari.
Per centrare l’obiettivo del miliardo di ospiti, Airbnb vuole fare concorrenza alle OTA, sì, ma a modo suo. Il che vuol dire anche che le sue condizioni di vendita, e il suo modello di business, non sono uguali a quelli di Expedia e Booking.com. Vediamoci più chiaro.
Come funziona Airbnb?
Il modello di business di Airbnb è diverso da quello delle OTA più note. Per ogni soggiorno venduto, il portale prevede una commissione, a carico della struttura ricettiva, e un “costo del servizio” (service fee), a carico dell’ospite – se vuoi conoscere le condizioni riservate agli hotel, apri questo file (in formato PDF). Ecco più in dettaglio come funziona.
Per ogni prenotazione, succede questo:
L’hotel non ha nessun controllo sul prezzo finito, ossia sulla somma che l’ospite dovrà pagare ad Airbnb per il suo soggiorno. Questo accade perché è Airbnb a decidere i “costi del servizio” da addebitare all’ospite. L’ospite vede nel portale il prezzo caricato su Airbnb dall’hotel, al netto della commissione a carico della struttura ricettiva. Inoltre, il prezzo del soggiorno è scorporato dai “costi del servizio”, come puoi vedere qui sotto.
Vedi bene che le differenze con le OTA sono sostanziali. La scelta di Airbnb di indicare a parte i “costi del servizio” addebitati all’ospite è un segnale di trasparenza, apprezzato da diversi viaggiatori. Dal punto di vista dell’host, la commissione sulla tariffa del soggiorno è molto allettante – il 3-5% è ben diverso dal 15-20% delle OTA. Oltretutto, come detto, Airbnb calcola la commissione al netto delle tasse. In più, considera che per vendere le tue camere su Airbnb, non devi sottoscrivere alcun contratto, come, al contrario, succede con le OTA – in sostanza, hai il controllo totale del tuo inventario.
Attenzione, però: c’è il rovescio della medaglia, come sempre. Al viaggiatore che prenota su Airbnb interessa il prezzo finito, comprensivo dei “costi del servizio”. L’albergatore che scegliesse di vendere le sue camere su Airbnb correrebbe il rischio di farlo in disparità tariffaria. Come scritto poco fa, l’host non conosce, e non ha il controllo, del prezzo finito pagato dall’ospite – e se i tuoi prezzi finiti su Airbnb non sono competitivi rispetto a quelli dei tuoi altri canali di distribuzione, il gioco potrebbe non valere la candela.
Quindi, per evitare differenze di tariffe sensibili fra Airbnb e OTA, a quanto dovresti vendere le tue camere su Airbnb? Mirai ha ipotizzato queste riduzioni rispetto ai prezzi caricati nelle OTA:
Al di fuori di queste percentuali, il rischio è di vendere le tue camere su Airbnb a prezzi più alti, e quindi poco allettanti, rispetto a quelli disponibili nelle OTA.
Chi può entrare?
Per evitare di mandare in fumo l’identità del suo brand, Airbnb non ha aperto il suo sito a tutti gli hotel. Il portale può ospitare solo boutique hotel e bed and breakfast che offrono un’esperienza di soggiorno “unica”. Cosa vuol dire? Per esempio, sono ammessi gli hotel indipendenti di livello alto e che offrono ai loro ospiti “tocchi personali”, servizi di rilevanza locale o servizi esclusivi, con proprietari competenti, presenti a tempo pieno nella struttura ricettiva. Questo, perlomeno, è l’idea sulla carta. Non è dato sapere come Airbnb potrà verificare il rispetto di queste condizioni per tutti gli hotel che vorranno vendere le loro camere nel suo portale.
L’apertura ufficiale delle vendite agli hotel, oltre ai classici alloggi e residenze private, rischia di avvicinare Airbnb ai tanti altri portali di prenotazione, perlomeno agli occhi dei viaggiatori. Nel tempo, occorrerà valutare quanto Airbnb saprà tener salda la promessa di offrire agli ospiti esperienze di soggiorno memorabili – e non solo camere.
Un nuovo canale di distribuzione?
A tutti gli effetti, e per la prima volta in modo ufficiale, Airbnb si propone come canale di distribuzione anche per gli hotel – ma non per tutti, come abbiamo visto. Questo vuol dire più opportunità di vendere le tue camere, ma pure più lavoro per gestire tutto in modo corretto e, quindi, profittevole per i tuoi affari.
Un altro aspetto da valutare è l’efficacia dell’assistenza di Airbnb, sia per gli host che per gli ospiti. Competere con le OTA vuol dire anche poter offrire un supporto sempre efficiente. Le OTA hanno investito tempo e denaro per offrire a clienti e affiliati un’assistenza adeguata. Airbnb saprà fare altrettanto?